L'IRRESISTIBILE
ASCESA DEL DIRETTORE
MARKETING CRESCIUTO ALLA SCUOLA DEL LARGO CONSUMO
Ho visto lampi
d'ira contratta
dietro gli occhiali
d'oro
di uomini marketing
assurti passo dopo
passo
ai vertici aziendali
ho visto le loro
mani curate
incapaci di stringere
mani
e le loro dita serrate
fino al bianco delle
nocche
attorno a penne
Montblanc
li ho visti spiare
il mondo
da dietro il vetro a
specchio
dell'Istituto di
Ricerche di Mercato
e poi chiedere lumi
deferenti
al Guru e alla sua
Mappa
li ho visti
descrivere il nulla
in sede di briefing
impermeabili
all'imbarazzo dell'account
perché col
denaro si può
comprare
tutto, anche le
idee
li ho visti delusi
dal sell-in
compulsare tabulati
ed esigere nuovi
incroci di dati
perché i piani
di marketing
non potevano essere
sbagliati
li ho visti
abbarbicarsi
per non commettere
errori
alle strategie dei
competitori
e prendere prodotti
stranieri e
dire
cosa ci vuole, lo
facciamo anche
noi
li ho visti ridurre
la cultura aziendale
in polvere, in
commodities senza
sale
li ho sentiti vantarsi
di avere
sempre copiato
perché innovare
è
un rischio
che agevolmente
può essere
evitato
li ho visti sordi
alle accorate
ragioni
dei vecchi aziendalisti
che dicevano guardi,
mi creda,
questo davvero non si
può
fare
li ho visti
questionare senza vergogna
di tecniche di
produzione
imponendo a forza di
grida
la propria ignoranza
come forma di potere
li ho visti
convocare riunioni
solo per staffilare in
faccia colpe
circostanze costruite
ad arte per
sentirsi
sopra agli altri,
ridotti
a guardarsi in
silenzio negli occhi
li ho sentiti
magnificare
i collaboratori
più protervi
o più deboli o
più
servi
e assumere ragazzi
senza genio
ma figli di qualcuno
li ho visti in
ufficio
chiusi già di
prima mattina
lontani dal prodotto e
dalla fabbrica
ma con il telefono in
mano
e l'elenco di persone
da cazziare
li ho visti agire
solo per non fermarsi
a capire
li ho visti fare e
disfare
pur di non
fermarsi
mai a pensare
li ho uditi
ragionare di stili di
consumo
ma li ho visti spaesati
alla stazione del
treno e nel metro
e sperduti nel traffico
in assenza dell'autista
li ho sentiti
rammentare
il loro sogno infantile
essere un giorno
amministratore delegato
di qualcosa
e raccontare le
loro domeniche bestiali
nelle loro case da
architetto e
senza libri
incapaci d'ozio e di
piacere
rigidi in jeans ed in
maglione
come nella giacca e
cravatta da
lavoro
costretti ancora da
sé stessi
alla fatica vana
di vivere dietro gli
occhiali d'oro
con disperata
applicazione, il tempo
riga dopo riga
dell'agenda.
Francesco Varanini
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