Molti lettori
(poco abituati a farsi gli affari loro) ci chiedono "Scusate, ma chi
c'è
dietro The Bisness?". Dopo un lungo e travagliato dibattito, la
redazione
ha deciso di rispondere. La proprietà del sito è di una
multinazionale,
La
The Bisness SpA. Con questo numero inizia la pubblicazione della
vera
storia della La The Bisness SpA.
Storia
epica di un impresa
PRIMA
PUNTATA:
Gli albori
In
un bel giorno di primavera, in cui la nebbia si diradò anche
alla
barriera di Mestre, nacque il Presidente (clicca sulla foto per vedere
l'ingrandimento). Prodigi e segni misteriosi nel cielo ne annunciarono
il concepimento: i salmoni dalle loro buste risalirono tutta la loro
preparazione
per ributtarsi, affumicati com'erano, nel Mare del Nord, alcuni forni a
microonde cominciarono a manifestare crisi di astinenza da carbonella e
una ditta di La Paz (Bolivia) cercava disperatamente ? senza riuscirci
? di assumere operai a Treviso (Italia).
Già
dal seno materno, manifestava le sue qualità di manager,
scalciando
come un forsennato se qualcuno diceva "fornitori" oppure "aumenti al
personale"
e addormentandosi, invece, quieto, quando la dolce voce della madre
sussurrava
l'elenco delle quotazioni alla Borsa di Tokyo.
Da
piccolo,
prima di andare all'asilo, scarabocchiava di organigrammi i muri di
casa
e amava molto le fiabe di Arthur Andersen (ovviamente, quelle
dell'omonima
società di revisione), alle medie offriva merende ai suoi
compagni
di banco in cambio del loro know ? how (quelli senza spirito d'impresa
copiavano solamente).
Era
bravo,
bravissimo e il rating dei professori non scese mai sotto la tripla A.
Al
liceo,
conobbe i primi turbamenti amorosi (ah i brividi quando si parlava su
una
panchina di nuda proprietà!) ed ebbe la sua prima relazione (o
report,
come adesso ama dire).
Lei
era bellissima:
occhi chiari come il mare dei cataloghi di un villaggio vacanze, snella
come un cerbiatto in un parco tematico, i capelli lunghi e scuri come
il
caffè americano.
Ma
un giorno,
la storia finì e lui fu un signore: non la lasciò, la
mise
in mobilità.
D'estate,
mentre tutti i compagni partivano per le meritate vacanze, lui lavorava
come lavapiatti in un ristorante (ricordarsi di inventare i piatti di
carta
in similporcellana di Limoges); poi si iscrisse all'università.
Lunghe
notti
insonni a preparare gli esami (aveva una media del 30% in più
rispetto
all'esame precedente) per arrivare alla laurea. Dottore a pieni voti:
la
commissione gli assegnò la lode, la dignità di stampa e
una
segretaria della Facoltà per filtrare le telefonate.
I
suoi avevano
le lacrime agli occhi (ricordarsi di inventare i tergiciglia elettrici)
ma lui li gelò.
"Voglio
la
mia parte di eredità - disse - devo mettermi in proprio" e il
padre
"ma figlio, tornerai un giorno, come il figliol prodigo?
La
risposta
dice già di che inappuntabile stoffa fosse il Presidente "No,
non
tornerò; anzi, dato che ci siamo e a scanso di equivoci, il
vitello
grasso lo porto via con me".
Fine prima
puntata (musica di sottofondo)
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